Creative Commons


Licenza Creative Commons - I testi originali scritti dall'autore di questo blog sono distribuiti con licenza Creative Commons per: Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia.

30 luglio 2011

Il sonno della ragione...

Le parole di Bertholt Brecht (attribuite anche al pastore Martin Niemöller, seppur con qualche variazione) non hanno bisogno di alcun commento.
Meglio leggerle, rileggerle, ascoltarle e poi rileggerle ancora e ancora, meditando sul fatto che prima o poi tutti ci troviamo nella scomoda posizione di essere - per un motivo o per l'altro, per un attimo o per tutta la vita - parte di una minoranza "diversa" pesantemente, inutilmente, dolorosamente e incomprensibilmente vessata da una maggioranza "uguale".

Si può essere discriminati per le proprie idee politiche, per la fede che si professa o perchè non se ne professa alcuna, per la posizione sociale, per una disabilità innata o acquisita, permanente o temporanea.
Ci si può ritrovare discriminati per il proprio aspetto, per come ci si veste, per l'orientamento sessuale, per le proprie condizioni economiche, per l'essere coppia more uxorio, per l'etnìa a cui si appartiene, per il fatto di essere stranieri nel luogo dove si vive, per una malattia, perchè si è vecchi e per mille altre ragioni oltre a queste.
Soprattutto si viene discriminati per via dell'ottusa e cieca cattiveria della massa: l'uomo è un animale da branco e quando il branco fiuta il sangue la preda non ha scampo.

Nessuno si senta tranquillo nel suo piccolo orticello: la storia c'insegna che il vento cambia molto in fretta, basta un nonnulla per ritrovarsi dall'altra parte.
Se la vista di cinque o sei energumeni che se la prendono con un singolo indigna chiunque abbia dentro di sè un barlume di umanità, non si capisce come mai poi tutti si autoassolvano quando è l'intera società ad angariare una minoranza, che in molti casi altra colpa non ha (ammesso che di colpa si tratti...) se non quella di esistere.
Ancor più difficili da accettare - e per certi versi perfino odiose - sono le vessazioni perpetrate da chi alza e sbandiera la fede come segno distintivo di chi, ipso facto, è sempre dalla parte della ragione, da quei bravi cristiani che andando a Messa la domenica e recitando un Pater-Ave-Gloria la sera prima di coricarsi credono di aver fatto il loro dovere verso Dio, la patria e la famiglia, anche se per la verità la maggior parte di loro se la cava con assai meno impegno.
Dopo aver provveduto al lavacro della coscienza, avanti con l'odio e con la discriminazione fino alla successiva comunione... sperabilmente preceduta almeno dalla confessione, perchè capita anche che un certo numero di quei "bravi cristiani" sia talmente presuntuosa e superba da convincersi di essere sempre senza macchia e dalla parte giusta, accostandosi dunque all'Eucarestia con una semplice autoassoluzione senza nemmeno passare dal confessore.

L'empatia e la conoscenza dell'altro, ma soprattutto l'incapacità radicata di volgere la testa dall'altra parte e l'istintiva, insopprimibile determinazione a levare sempre la propria voce in difesa delle minoranze discriminate, sono le sole cose che possono impedire il sonno della ragione... e risparmiare all'umanità i mostri che genera.

Homo homini lupus...



24 luglio 2011

Time-lapse, sogni a occhi aperti...

Vimeo (link) è uno dei siti che visito piuttosto di frequente.
Lo preferisco senz'altro a Youtube perchè la qualità dei filmati è piuttosto elevata, sia dal punto di vista tecnico che da quello artistico: se Youtube è il mercatino delle pulci dove si trova proprio tutto ma di scarsa qualità, Vimeo è il negozio di oggettistica raffinata dove si trova meno materiale ma di ottima fattura.

Il canale di Vimeo sul quale passo più tempo è "Slowmotion & Timelapse Theater" (link), quello dedicato ai filmati girati con la tecnica del rallentatore e con quella opposta del time-lapse. Quest'ultima tecnica (link) permette di condensare in pochi minuti eventi che nella realtà durano un tempo assai più lungo e i movimenti, che pure appaiono accelerati, lo sono in un modo che risulta abbastanza naturale, al contrario di quanto accade proiettando un filmato a una velocità più elevata.

I video girati con la tecnica del time-lapse sono molto suggestivi, soprattutto quelli notturni: ci mostrano la realtà da una prospettiva che conosciamo poco... o che non conosciamo affatto: di notte facciamo di tutto tranne che guardarci attorno e osservare come la notte cambia i luoghi che siamo abituati a vedere di giorno.

Su "Slowmotion & Timelapse Theater" ho appena trovato tre filmati davvero molto belli, opera del fotografo Jeff Chen Kuo Chih (link 1) (link 2).
Sono stati girati in California, nella famosa Death Valley, la Valle della Morte (link). I paesaggi sono stupefacenti e le ambientazioni notturne li rendono - se possibile - ancor più onirici.
Consiglio di guardarli a schermo intero, la qualità tecnica è davvero eccellente.



Eastern Sierra Time Lapse HD from Jeff Chen Kuo Chih on Vimeo.



Eastern Sierra Time Lapse 2 from Jeff Chen Kuo Chih on Vimeo.



Eastern Sierra Time Lapse 3 | Milky Way | Via Lactea from Jeff Chen Kuo Chih on Vimeo.

17 luglio 2011

"Fluidum Letale".


"Gli uomini potevano chiudere gli occhi davanti alla grandezza, davanti all'orrore e turarsi le orecchie davanti a melodie o a parole seducenti. Ma non potevano sottrarsi ai profumi. Poichè il profumo è fratello del respiro.
Con esso penetrava gli uomini, a esso non potevano resistere, se volevano vivere.
E il profumo scendeva in loro, direttamente al cuore e là distingueva categoricamente la simpatia dal disprezzo, il disgusto dal piacere, l'amore dall'odio.
"

Ho preso questo brano da "Il profumo" di Patrick Süskind perchè mi sembra un incipit perfetto per l'argomento di cui sto per scrivere. Non il profumo, ma il suo contrario: la puzza... che è anche il tratto distintivo dei luoghi in cui nacque e crebbe Jean-Baptiste Grenouille, il protagonista del romanzo.

Citando e parafrasando le parole di Süskind, non ci si può sottrarre alla puzza, poichè la puzza è sorella del respiro. A essa non si può resistere, se si vuole vivere.

La puzza ci circonda soprattutto adesso, in estate, quando il caldo torrido e i maledetti capi d'abbigliamento in tessuto sintetico trasformano tantissimi individui - uomini e donne in egual misura - in impunibili stupratori seriali dell'altrui olfatto.
Si può tranquillamente affermare che ogni giorno chiunque ha la sgradevole sorte di dover stare, per un tempo più o meno lungo, vicino a qualcuno che puzza; che si tratti di colleghi di lavoro o di chi ci sta vicino mentre si è in coda da qualche parte, che sia la persona che incrocia la nostra strada per un attimo o chi siede di fianco a noi per ore in treno o in aereo, che sia un altro avventore del bar dove facciamo una pausa o chi entra con noi in ascensore, il copione è il medesimo: all'improvviso, senza alcun segnale premonitore che ci permetta di difenderci allontanandoci, le nostre narici vengono colpite dal "Fluidum Letale" emanato dai caproni umani.

La cosa più incresciosa è che nella nostra società la puzza è un tabù fortissimo: chi puzza può imporre con arroganza al mondo intero il proprio disgustoso afrore e togliere il fiato a chiunque gli stia intorno, ma le vittime di questi stupratori olfattivi non hanno mai il coraggio di ribellarsi, di far notare al mal lavato di turno quanto la sua puzza sia rivoltante.

Le regole sociali ammettono che chi viene disturbato dal comportamento degli altri possa protestare, ammettono che chi prova fastidio per il fumo di sigaretta possa pretendere ope legis che i fumatori si allontanino, ammettono perfino che si faccia discretamente notare a un uomo che ha la patta dei pantaloni aperta, affinchè possa ricomporsi a salvaguardia della sua dignità, ma è difficilissimo che qualcuno trovi il coraggio di dire chiaramente a un altro "Abbia pazienza, lei puzza in maniera insopportabile: mi usi il riguardo di allontanarsi da me".
Anzi, per la declinazione olfattiva della Sindrome di Stoccolma, chi si vede costretto a sopportare la puzza della traspirazione altrui in qualche caso la giustifica postulando che, dopotutto, "L'uomo ha da puzzà"...

Da dove arriva questa remora sociale? Perchè l'odore acre della traspirazione e quello di putrefazione che esce da certi cavi orali sono un tabù tanto forte da indurre chi ne viene infastidito a sopportare stoicamente senza fiatare - e non solo in senso figurato?
Non saprei dirlo, non riesco a immaginare nessuna risposta convincente. 
Né riesco a comprendere come mai gli odori sgradevoli occasionali e fisiologici sui quali il controllo può essere mantenuto solo fino a un certo punto e comunque al prezzo di un crescente malessere fisico - quelli delle flatulenze - siano fortemente stigmatizzati dalla società insieme all'atto stesso, mentre gli odori sgradevoli persistenti che potrebbero essere risparmiati al prossimo con un minimo di pratiche igieniche e di rispetto verso sè stessi, prima che verso il prossimo - quelli della traspirazione e dell'alito che ammazza già da un metro di distanza - non siano affatto pubblicamente e platealmente censurati e chi li emana non venga mai apertamente biasimato né ripreso da chi gli sta intorno.

Se è comprensibile e giustificabile che chi sta tornando a casa dopo una giornata di lavoro (spesso pesante) abbia sudato e non sia olfativamente neutro, è senz'altro irrispettoso e sprezzante l'atteggiamento di chi, senza essersi lavato e messo abiti puliti, esce di casa sfoggiando il suo proprio lezzo rancido per andare a bere l'aperitivo serale nel bar di tendenza, o al cinema, o a fare compere (magari in un negozio di abbigliamento dove si proverà dei vestiti che poco dopo potremmo provare noi...), o in qualche locale pubblico, o finanche dal medico.

Giusto qualche giorno fa, a casa di amici, parlavo con un medico di base e una dermatologa; ebbene, mi dicevano che moltissimi dei loro pazienti si presentano in ambulatorio senza aver avuto il buon senso di fare una doccia, d'indossare biancheria intima e abiti puliti. La stessa cosa me l'ha confermata il mio fisioterapista: anche lui deve quotidianamente sopportare il contatto ravvicinato con pazienti che non hanno nemmeno quel minimo d'intelligenza necessario a comprendere che bisogna lavarsi e cambiarsi prima di andare in mezzo alla gente e massimamente prima di andare dal fisioterapista o dal medico.
Dal loro osservatorio "privilegiato" (!) concordano nell'affermare che sono soprattutto i giovani ad avere un rapporto conflittuale con l'acqua e con il sapone, per non parlare della loro pessima abitudine d'indossare quasi esclusivamente scarpe da ginnastica, che in estate trasformano i loro piedi in vere e proprie armi chimiche e lo diventano esse stesse, quando vengono tolte e lasciate alla portata delle altrui nari.

Ma davvero tanta gente non prova nemmeno un po' di vergogna a puzzare? Possibile che in tanti non si accorgano del fetore che hanno addosso? Possibile che non sentano la puzza di quelli trasandati come loro e non facciano due più due?
Su igiene personale ed eliminazione degli odori corporali sgradevoli i popoli orientali - in particolare i giapponesi - possono insegnarci parecchio, ma finchè si continuerà a fare apologia dell'afrore sostenendo l'idiozia secondo la quale "L'uomo ha da puzzà" c'è poco da essere ottimisti: l'orgoglio caprone avrà ancora lunga vita, temo.

Trovandosi al cospetto di chi si lava poco, il solo modo per difendersi dalle sue zaffate caprigne è respirare con la bocca, che grazie al cielo non ha recettori olfattivi. 
Se qualcuno si accorge che chi gli sta intorno respira con la bocca s'interroghi e si annusi: forse è giunto il momento di fare una doccia e cambiarsi...

11 luglio 2011

Canto Notturno Di Un Pastore Errante Dell'Asia.


Canto Notturno Di Un Pastore Errante Dell'Asia
di Giacomo Leopardi


Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
Di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
Di mirar queste valli?
Somiglia alla tua vita
La vita del pastore.
Sorge in sul primo albore
Move la greggia oltre pel campo, e vede
Greggi, fontane ed erbe;
Poi stanco si riposa in su la sera:
Altro mai non ispera.
Dimmi, o luna: a che vale
Al pastor la sua vita,
La vostra vita a voi? dimmi: ove tende
Questo vagar mio breve,
Il tuo corso immortale?

Vecchierel bianco, infermo,
Mezzo vestito e scalzo,
Con gravissimo fascio in su le spalle,
Per montagna e per valle,
Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
L'ora, e quando poi gela,
Corre via, corre, anela,
Varca torrenti e stagni,
Cade, risorge, e più e più s'affretta,
Senza posa o ristoro,
Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva
Colà dove la via
E dove il tanto affaticar fu volto:
Abisso orrido, immenso,
Ov'ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
E' la vita mortale.

Nasce l'uomo a fatica,
Ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
Per prima cosa; e in sul principio stesso
La madre e il genitore
Il prende a consolar dell'esser nato.
Poi che crescendo viene,
L'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre
Con atti e con parole
Studiasi fargli core,
E consolarlo dell'umano stato:
Altro ufficio più grato
Non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perchè dare al sole,
Perchè reggere in vita
Chi poi di quella consolar convenga?
Se la vita è sventura,
Perchè da noi si dura?
Intatta luna, tale
E' lo stato mortale.
Ma tu mortal non sei,
E forse del mio dir poco ti cale.

Pur tu, solinga, eterna peregrina,
Che sì pensosa sei, tu forse intendi,
Questo viver terreno,
Il patir nostro, il sospirar, che sia;
Che sia questo morir, questo supremo
Scolorar del sembiante,
E perir dalla terra, e venir meno
Ad ogni usata, amante compagnia.
E tu certo comprendi
Il perchè delle cose, e vedi il frutto
Del mattin, della sera,
Del tacito, infinito andar del tempo.
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
Rida la primavera,
A chi giovi l'ardore, e che procacci
Il verno co' suoi ghiacci.
Mille cose sai tu, mille discopri,
Che son celate al semplice pastore.
Spesso quand'io ti miro
Star così muta in sul deserto piano,
Che, in suo giro lontano, al ciel confina;
Ovver con la mia greggia
Seguirmi viaggiando a mano a mano;
E quando miro in cielo arder le stelle;
Dico fra me pensando:
A che tante facelle?
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
Infinito Seren? che vuol dir questa
Solitudine immensa? ed io che sono?
Così meco ragiono: e della stanza
Smisurata e superba,
E dell'innumerabile famiglia;
Poi di tanto adoprar, di tanti moti
D'ogni celeste, ogni terrena cosa,
Girando senza posa,
Per tornar sempre là donde son mosse;
Uso alcuno, alcun frutto
Indovinar non so. Ma tu per certo,
Giovinetta immortal, conosci il tutto.
Questo io conosco e sento,
Che degli eterni giri,
Che dell'esser mio frale,
Qualche bene o contento
Avrà fors'altri; a me la vita è male.

O greggia mia che posi, oh te beata,
Che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perchè d'affanno
Quasi libera vai;
Ch'ogni stento, ogni danno,
Ogni estremo timor subito scordi;
Ma più perchè giammai tedio non provi.
Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe,
Tu se' queta e contenta;
E gran parte dell'anno
Senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra,
E un fastidio m'ingombra
La mente, ed uno spron quasi mi punge
Sì che, sedendo, più che mai son lunge
Da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,
E non ho fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
Non so già dir; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
O greggia mia, nè di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi, io chiederei:
Dimmi: perchè giacendo
A bell'agio, ozioso,
S'appaga ogni animale;
Me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?

Forse s'avess'io l'ale
Da volar su le nubi,
E noverar le stelle ad una ad una,
O come il tuono errar di giogo in giogo,
Più felice sarei, dolce mia greggia,
Più felice sarei, candida luna.
O forse erra dal vero,
Mirando all'altrui sorte, il mio pensiero:
Forse in qual forma, in quale
Stato che sia, dentro covile o cuna,
E' funesto a chi nasce il dì natale.


02 luglio 2011

Saccheggi...

Da qualche parte nel mondo c'è un computer che in questo preciso momento (è lunedi 27 giugno, ore 23:41) sta registrando ciò che sto scrivendo. Le mie parole rimarranno custodite nella sua smisurata memoria fino alle ore 08:15 di sabato 2 luglio, momento in cui quel computer si risveglierà ed eseguirà l'ordine di pubblicare questo post secondo le istruzioni che io darò fra poco.
Tutto ciò succederà - agli hackers piacendo - senza che io debba più collegarmi a Internet.

La cosa mi torna comoda perchè alle 8:15 di sabato 2 luglio 2011 io sarò in giro per l'Umbria, in vacanza; posso scrivere adesso, con calma, poi quell'entità globale che è Internet si occuperà di pubblicare queste chiacchiere a tempo debito.
Siccome con la mente sono già in vacanza, per questo intervento la farò corta: mi limiterò a "saccheggiare" il canale Youtube dell'amico Avatar4567 e a segnalare i filmati che preferisco.
Si tratta, nell'ordine, di:
  • una curiosa versione per arpa di "Stairway To Heaven" dei Led Zeppelin;
  • la cover per violino eseguita da Vanessa Mae di "Hocus Pocus", un brano del gruppo olandese Focus originariamente pubblicato nel 1971 nell'album "Moving Waves";
  • l'esplosiva interpretazione di "Smooth Criminal" di Michael Jackson eseguita da Luka Sulic e Stjepan Hauser, due violoncellisti tanto agitati quanto creativi...
  • un simpatico filmato in cui s'immagina che Dio sia un disc jockey che con due giradischi... bè, lo vedrete;
  • un bel videoclip sulle note di "I Walk Alone" di Tarja Turunen.
Grazie Giulio, a buon rendere...