"Gli uomini potevano chiudere gli occhi davanti alla grandezza, davanti all'orrore e turarsi le orecchie davanti a melodie o a parole seducenti. Ma non potevano sottrarsi ai profumi. Poichè il profumo è fratello del respiro.
Con esso penetrava gli uomini, a esso non potevano resistere, se volevano vivere.
E il profumo scendeva in loro, direttamente al cuore e là distingueva categoricamente la simpatia dal disprezzo, il disgusto dal piacere, l'amore dall'odio."
Ho preso questo brano da "Il profumo" di Patrick Süskind perchè mi sembra un incipit perfetto per l'argomento di cui sto per scrivere. Non il profumo, ma il suo contrario: la puzza... che è anche il tratto distintivo dei luoghi in cui nacque e crebbe Jean-Baptiste Grenouille, il protagonista del romanzo.
Citando e parafrasando le parole di Süskind, non ci si può sottrarre alla puzza, poichè la puzza è sorella del respiro. A essa non si può resistere, se si vuole vivere.
La puzza ci circonda soprattutto adesso, in estate, quando il caldo torrido e i maledetti capi d'abbigliamento in tessuto sintetico trasformano tantissimi individui - uomini e donne in egual misura - in impunibili stupratori seriali dell'altrui olfatto.
Si può tranquillamente affermare che ogni giorno chiunque ha la sgradevole sorte di dover stare, per un tempo più o meno lungo, vicino a qualcuno che puzza; che si tratti di colleghi di lavoro o di chi ci sta vicino mentre si è in coda da qualche parte, che sia la persona che incrocia la nostra strada per un attimo o chi siede di fianco a noi per ore in treno o in aereo, che sia un altro avventore del bar dove facciamo una pausa o chi entra con noi in ascensore, il copione è il medesimo: all'improvviso, senza alcun segnale premonitore che ci permetta di difenderci allontanandoci, le nostre narici vengono colpite dal "Fluidum Letale" emanato dai caproni umani.
La cosa più incresciosa è che nella nostra società la puzza è un tabù fortissimo: chi puzza può imporre con arroganza al mondo intero il proprio disgustoso afrore e togliere il fiato a chiunque gli stia intorno, ma le vittime di questi stupratori olfattivi non hanno mai il coraggio di ribellarsi, di far notare al mal lavato di turno quanto la sua puzza sia rivoltante.
Le regole sociali ammettono che chi viene disturbato dal comportamento degli altri possa protestare, ammettono che chi prova fastidio per il fumo di sigaretta possa pretendere ope legis che i fumatori si allontanino, ammettono perfino che si faccia discretamente notare a un uomo che ha la patta dei pantaloni aperta, affinchè possa ricomporsi a salvaguardia della sua dignità, ma è difficilissimo che qualcuno trovi il coraggio di dire chiaramente a un altro "Abbia pazienza, lei puzza in maniera insopportabile: mi usi il riguardo di allontanarsi da me".
Anzi, per la declinazione olfattiva della Sindrome di Stoccolma, chi si vede costretto a sopportare la puzza della traspirazione altrui in qualche caso la giustifica postulando che, dopotutto, "L'uomo ha da puzzà"...
Da dove arriva questa remora sociale? Perchè l'odore acre della traspirazione e quello di putrefazione che esce da certi cavi orali sono un tabù tanto forte da indurre chi ne viene infastidito a sopportare stoicamente senza fiatare - e non solo in senso figurato?
Non saprei dirlo, non riesco a immaginare nessuna risposta convincente.
Non saprei dirlo, non riesco a immaginare nessuna risposta convincente.
Né riesco a comprendere come mai gli odori sgradevoli occasionali e fisiologici sui quali il controllo può essere mantenuto solo fino a un certo punto e comunque al prezzo di un crescente malessere fisico - quelli delle flatulenze - siano fortemente stigmatizzati dalla società insieme all'atto stesso, mentre gli odori sgradevoli persistenti che potrebbero essere risparmiati al prossimo con un minimo di pratiche igieniche e di rispetto verso sè stessi, prima che verso il prossimo - quelli della traspirazione e dell'alito che ammazza già da un metro di distanza - non siano affatto pubblicamente e platealmente censurati e chi li emana non venga mai apertamente biasimato né ripreso da chi gli sta intorno.
Se è comprensibile e giustificabile che chi sta tornando a casa dopo una giornata di lavoro (spesso pesante) abbia sudato e non sia olfativamente neutro, è senz'altro irrispettoso e sprezzante l'atteggiamento di chi, senza essersi lavato e messo abiti puliti, esce di casa sfoggiando il suo proprio lezzo rancido per andare a bere l'aperitivo serale nel bar di tendenza, o al cinema, o a fare compere (magari in un negozio di abbigliamento dove si proverà dei vestiti che poco dopo potremmo provare noi...), o in qualche locale pubblico, o finanche dal medico.
Se è comprensibile e giustificabile che chi sta tornando a casa dopo una giornata di lavoro (spesso pesante) abbia sudato e non sia olfativamente neutro, è senz'altro irrispettoso e sprezzante l'atteggiamento di chi, senza essersi lavato e messo abiti puliti, esce di casa sfoggiando il suo proprio lezzo rancido per andare a bere l'aperitivo serale nel bar di tendenza, o al cinema, o a fare compere (magari in un negozio di abbigliamento dove si proverà dei vestiti che poco dopo potremmo provare noi...), o in qualche locale pubblico, o finanche dal medico.
Giusto qualche giorno fa, a casa di amici, parlavo con un medico di base e una dermatologa; ebbene, mi dicevano che moltissimi dei loro pazienti si presentano in ambulatorio senza aver avuto il buon senso di fare una doccia, d'indossare biancheria intima e abiti puliti. La stessa cosa me l'ha confermata il mio fisioterapista: anche lui deve quotidianamente sopportare il contatto ravvicinato con pazienti che non hanno nemmeno quel minimo d'intelligenza necessario a comprendere che bisogna lavarsi e cambiarsi prima di andare in mezzo alla gente e massimamente prima di andare dal fisioterapista o dal medico.
Dal loro osservatorio "privilegiato" (!) concordano nell'affermare che sono soprattutto i giovani ad avere un rapporto conflittuale con l'acqua e con il sapone, per non parlare della loro pessima abitudine d'indossare quasi esclusivamente scarpe da ginnastica, che in estate trasformano i loro piedi in vere e proprie armi chimiche e lo diventano esse stesse, quando vengono tolte e lasciate alla portata delle altrui nari.
Dal loro osservatorio "privilegiato" (!) concordano nell'affermare che sono soprattutto i giovani ad avere un rapporto conflittuale con l'acqua e con il sapone, per non parlare della loro pessima abitudine d'indossare quasi esclusivamente scarpe da ginnastica, che in estate trasformano i loro piedi in vere e proprie armi chimiche e lo diventano esse stesse, quando vengono tolte e lasciate alla portata delle altrui nari.
Ma davvero tanta gente non prova nemmeno un po' di vergogna a puzzare? Possibile che in tanti non si accorgano del fetore che hanno addosso? Possibile che non sentano la puzza di quelli trasandati come loro e non facciano due più due?
Su igiene personale ed eliminazione degli odori corporali sgradevoli i popoli orientali - in particolare i giapponesi - possono insegnarci parecchio, ma finchè si continuerà a fare apologia dell'afrore sostenendo l'idiozia secondo la quale "L'uomo ha da puzzà" c'è poco da essere ottimisti: l'orgoglio caprone avrà ancora lunga vita, temo.
Su igiene personale ed eliminazione degli odori corporali sgradevoli i popoli orientali - in particolare i giapponesi - possono insegnarci parecchio, ma finchè si continuerà a fare apologia dell'afrore sostenendo l'idiozia secondo la quale "L'uomo ha da puzzà" c'è poco da essere ottimisti: l'orgoglio caprone avrà ancora lunga vita, temo.
Trovandosi al cospetto di chi si lava poco, il solo modo per difendersi dalle sue zaffate caprigne è respirare con la bocca, che grazie al cielo non ha recettori olfattivi.
Se qualcuno si accorge che chi gli sta intorno respira con la bocca s'interroghi e si annusi: forse è giunto il momento di fare una doccia e cambiarsi...
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