Di Franco Battiato si può dire di tutto ma non che i suoi testi siano banali. Anzi...
La prima volta che ascoltai una sua canzone fu nel 1972 e il brano s'intitolava "La convenzione". All'epoca sembrava una canzone di fantascienza; una voce da un futuro lontano ci raccontava di quando l'uomo abitava ancora una Terra sovrappopolata e di come molti andarono su Giove e Venere in cerca di nuove terre da colonizzare.
In alcuni passaggi il testo aveva una sintassi strana, come nel passaggio in cui dice "Un po' restammo quaggiù sotto il mare". Per la verità il testo diventa sempre più strano man mano che la canzone va avanti e termina con quelle che all'epoca venivano definite "visioni lisergiche".
In alcuni passaggi il testo aveva una sintassi strana, come nel passaggio in cui dice "Un po' restammo quaggiù sotto il mare". Per la verità il testo diventa sempre più strano man mano che la canzone va avanti e termina con quelle che all'epoca venivano definite "visioni lisergiche".
In seguito ascoltai con attenzione i successivi album di Battiato; mi piaceva la musica elettronica e nei suoi dischi i sintetizzatori e i Moog si sprecavano, ma sopratutto mi affascinava l'uso che Battiato ha sempre fatto della lingua, con termini insoliti, desueti o non comuni raramente usati nei testi delle canzoni.
Penso che abbia toccato il massimo dell'azzardo nell'album "Pollution", quando non solo cantò una canzone, "Areknames", leggendo il testo a rovescio, da destra a sinistra ("areknames" = "se mancherà") ma ebbe l'ardire - è bene ricordare ch'eravamo nel 1972, giusto per confrontare i suoi testi con quelli dei contemporanei - di usare la formula per il calcolo della portata di un condotto come testo per una canzone. Immaginate la reazione di chi, nel 1972, sentiva uno strano personaggio con gli occhiali e una capigliatura degna dell'epoca cantare
"La portata di un condotto
è il volume liquido
che passa in una sua sezione
nell'unità di tempo:
e si ottiene moltiplicando
la sezione perpendicolare
per la velocità che avrai del liquido.
A regime permanente
la portata è costante
attraverso una sezione del condotto."
In quel disco c'era però anche un altro brano, "Beta".
Chi parlava era una creatura appartenente al gruppo dei Beta, che poteva dire con orgoglio "La violenza non ho nella mente". Sembrava la famosa particella di sodio ante litteram...
Alla fine del brano, però, Battiato metteva un vero carico da 11 quando, con il tema da "La Moldava" di Bedřich Smetana in sottofondo, diceva:
"Dentro di me vivono la mia identica vita
dei microrganismi che non sanno
di appartenere al mio corpo...
Io a quale corpo appartengo?"
Bella domanda davvero. Mi fece riflettere parecchio.
Sono passati 38 anni da allora e me lo sto ancora chiedendo: io, a quale corpo appartengo?
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